Dry Garden

Le nuove condizioni climatiche rendono necessari spazi verdi adeguati: le temperature estreme, l’allungamento e l’accorciamento delle stagioni di coltivazione e i modelli di precipitazioni meno prevedibili diventano infatti delle vere e proprie sfide nella progettazione del verde.

Il Dry Garden si pone come interessante soluzione per creare dei giardini autosufficienti, nei quali l’acqua diventa un bisogno occasionale.


Le sue origini risalgono agli anni ’60, quando negli Stati Uniti nascono i primi movimenti contro l’utilizzo intensivo dei prati. Un elemento caratterizzante dell’idea di giardino come il prato viene dunque messo in discussione per il suo eccessivo bisogno di acqua, dando spazio al concetto di xeriscaping, ovvero xeros, asciutto, + landscaping. Un verde, dunque, poco bisognoso di acqua e dalla manutenzione semplice.

Anche in Europa, in particolare in Inghilterra, a partire dagli anni ’90, cominciano a nascere esigenze simili.

Non tutta l’Inghilterra, infatti, è verde e piovosa come la immaginiamo. La campagna a sud-est di Londra, ad esempio, è poco adatta ad accogliere l’immaginario botanico comunemente legato alle romantiche bordure da tradizione inglese. Da questa consapevolezza nasce in alcuni ambienti la necessità di ripensare ai giardini in una chiave più contemporanea, con l’aiuto di piante scelte a seconda del luogo in cui vanno messe a dimora e non forzate a dover essere rigogliose in condizioni climatiche non corrispondenti ai loro bisogni. Dopo anni di studio sulle piante nei loro ambienti naturali, nel 1978 la giardiniera inglese Beth chatto pubblica il libro ‘The Dry Garden’, molto apprezzato nel Regno Unito, ma criticatissimo all’estero: come si può parlare di giardino siccitoso nell’umida Gran Bretagna? Distante da qualsiasi posizione ideologica, Beth ha proseguito le sue ricerche, dimostrando che un moderato intervento umano può aiutare un ambiente a dare il meglio di sé, a patto che se ne rispettino le peculiarità intrinseche.

Le essenze usate per il Dry Garden sono piante resistenti alla siccità e possono crescere in aree dalle condizioni estreme.

Come emerge dall’osservazione della Classificazione climatica di Köppen, il mondo botanico che caratterizza Il Dry garden è composto da essenze prevalentemente mediterranee, che prosperano nei due tipi di clima “secco”: quello mediterraneo e quello steppico.

Il primo è presente nel bacino del Mediterraneo, in alcune parti della California e dell’Australia meridionale. A livello botanico è composto da un’ampia gamma di essenze dai diversi toni dei verdi e dei grigi, foglie dalle molteplici texture, densità e modi di riflettere le luci, fioriture colorate in primavera e in estate, molte piante aromatiche e molte sempreverdi.

Il secondo si trova nell’estremo sud-est della Penisola Iberica, in Marocco, sulla costa meridionale della California e in alcune aree interne dell’Australia. Qui piante perenni, erbe e bulbi crescono rigogliosi con una elevata resistenza alla siccità. Sono piante meno appariscenti, ma dalle spettacolari fioriture primaverili.

Per quanto riguarda la tipologia di terreno, è importante creare un sistema drenante e senza ristagni di acqua.

Durante il primo anno dalla messa a dimora le irrigazioni saranno più frequenti, fino a che la pianta, crescendo, avrà raggiunto una maggiore autonomia. Durante i primissimi anni dall’impianto, le irrigazioni devono essere rade e basate su grandi quantità di acqua, come a simulare degli acquazzoni estivi. In questo modo l’acqua può penetrare lentamente negli strati più profondi del terreno, dove le radici della pianta tenderanno a cercarla. Lo scopo è quello di ‘educare’ la pianta a ricevere acqua di rado e a rafforzarsi per sopravvivere in modo quasi autosufficiente nel momento in cui le irrigazioni caleranno ulteriormente. Una volta che le piante saranno ben stabilizzate, saranno totalmente autonome.

Il periodo consigliato per la messa a dimora delle piante è generalmente l’autunno: questa scelta consente loro di sviluppare radici profonde nell’arco dell’inverno, approfittando delle piogge stagionali per garantirsi le risorse idriche di cui hanno bisogno.
Se piantate in autunno, per l’estate avranno già avuto modo di ambientarsi e di sviluppare un buon apparato radicale, pronto per cercare l’umidità negli strati profondi di terreno.

In superficie può essere utile l’uso di una pacciamatura per ridurre il fenomeno evaporativo e controllare la vegetazione infestante. Può essere costituita da materiale organico (compost, gusci di nocciola, cortecce...), che offre anche il vantaggio di apportare sostanza organica, oppure da materiale inorganico (vulcanite, ghiaia...).

Fra le piante adatte a un Dry garden ci sono alberi, arbusti alti e bassi, tra cui molte piante aromatiche, rampicanti, bulbi per tutte le stagioni, molte erbacee perenni e valide alternative al prato. Esistono migliaia di piante endemiche da varie aree del mondo con clima mediterraneo analogo che si sono adattate a condizioni di siccità estiva. Al di là dei bulbi e delle erbacee perenni che in inverno scompaiono per ripartire con la primavera, gran parte delle piante mediterranee resistono alla siccità estiva perché il loro periodo di maggiore crescita è durante l’autunno, l’inverno e la primavera, quando possono contare su piogge periodiche. Molte hanno foglie coriacee, lucide, pelose e argentee, che aiutano a limitare l’evaporazione dell’acqua. Varietà cromatica e struttura del fogliame danno a molte piante mediterranee un aspetto interessante anche quando non sono in fioritura.

Una ricerca di: Ana Hebborn, Marianna Merisi