Concrete 2.0

Status quo

Ne abbiamo sfruttato le caratteristiche più nobili in passato, lo utilizziamo oggi come elemento base del processo di antropizzazione con cui stiamo modificando in maniera sempre più rapida la biosfera, ne subiremo i violenti effetti che impone sull’ecosistema se non risolveremo le sue intrinseche criticità di sintetizzazione. Le soluzioni alternative che si cominciano a proporre sono molte: dal cambiare il modo in cui lo produciamo, al creare alternative meno impattanti o ad eleminarlo del tutto. Per quanto di queste proposte, l’ultima possa sembrare la più auspicabile, oggi la strategia migliore è quella di utilizzare il calcestruzzo con parsimonia, solo dove necessario e solo se realizzato con tecniche basso-emissive.

"Produciamo più calcestruzzo di qualsiasi altra cosa, qualsiasi altro prodotto, a parte l'acqua pulita"

Ogni anno vengono consumate circa tre tonnellate di cemento per ogni persona sulla Terra, per un totale di circa 22 miliardi di tonnellate. Un metro di paragone utile per capire la portata di questo dato è che allo stesso modo è stato stimato che la produzione di plastica si attesti, in assoluto, attorno alle 8,3 miliardi di tonnellate di plastica.

Il cemento Portland ordinario, il legante nella formula di produzione del calcestruzzo, viene prodotto cuocendo la calce all’interno di forni appositi ed in un processo che emette circa una tonnellata di anidride carbonica per ogni tonnellata di cemento. La produzione di cemento è responsabile di circa l’8% delle emissioni globali di CO2 prodotte dall'uomo, secondo il World Business Council for Sustainable Development. Un po' di anidride carbonica rilasciata in atmosfera viene parzialmente riassorbita dal calcestruzzo: nel 2016 si è stimato che tra il 1930 e il 2013, circa il 43% della CO2 rilasciata dalla calce durante il riscaldamento è stato poi riassorbito dai prodotti in calcestruzzo in tutto il mondo. Purtroppo, questo assorbimento ha un prezzo. Quando il calcestruzzo viene utilizzato in strutture dotate di armatura in acciaio, a mano a mano che la CO2 si muove attraverso di esso, cambia il pH dell'ambiente circostante. Il calcestruzzo perde la sua alcalinità e, quando sono presenti umidità e ossigeno, fa arrugginire l'armatura.

Date queste problematiche, le preoccupazioni per l'impatto ambientale e la longevità strutturale del calcestruzzo, perché continuiamo a costruire con esso? Il calcestruzzo è economico, versatile, veloce da realizzare e non richiede particolari trattamenti tecnici aggiuntivi. Seppur ancora considerabile come uno dei materiali più impattanti sulla biosfera, queste sue caratteristiche intrinseche ed alcuni nuovi sviluppi verso formule "più ecologiche", hanno confermato il calcestruzzo come una opzione ancora praticabile, anche se è probabile che cambiamenti radicali agli standard del settore vengano accolti con cautela. Inoltre, le statistiche mostrano che le strutture in cemento armato resistono molto meglio ai terremoti rispetto agli edifici in mattoni non rinforzati. La resilienza del calcestruzzo ai disastri naturali contribuisce alla sua applicabilità.

Calcestruzzo basso-emissivo: campi di applicazione nel retrodesign “INLEGNO”

L’esercizio portato avanti nel volume INLEGNO prevedeva il retrodesign di un edificio oggi in fase di cantiere, da cui fosse facile estrapolare dati progettuali di confronto oggettivo con una nuova proposta innovativa. L’idea era di comparare la tecnica costruttiva tradizionale, quella impiegata nella realizzazione del caso di riferimento, con una costruzione ibrida calcestruzzo-legno, cercando di capire come gli aspetti legati al taglio delle emissioni, all’aumento dei costi, alla risoluzione delle problematiche tecniche, alla gestione del cantiere e alla qualità architettonica percepita entrassero in relazione tra di loro. I risultati ottenuti sono stati incoraggianti e hanno fornito degli strumenti con cui difendere, numeri alla mano, una scelta importante come quella di puntare sulle strutture in legno per la costruzione dell’architettura di domani.

Parte della maturità con cui si è condotto questo lavoro di ricerca sta anche nel fatto che, ragionando in primis sull’effettiva realizzabilità del concept proposto, si sia optato per il progetto di una struttura ibrida che vedesse l’impiego del calcestruzzo come tecnologia predominante per la realizzazione di fondazioni e vani di risalita.

Oggi, un anno dopo la pubblicazione di INLEGNO, si è cercato di capire come andare a lavorare sulla componente meno sostenibile della proposta già formalizzata: il calcestruzzo. Proporre una struttura ibrida non significa, necessariamente, accettare il fatto che parti meno nobili e meno innovative del concept devono restare tali. Anche un’industria alto-emissiva come quella del calcestruzzo si sta muovendo verso opzioni che permettano il contenimento delle emissioni di CO2 ad essa collegate. Uno dei motivi principali alla base d’atteggiamenti restii nei confronti di soluzioni, sulla carta, più sostenibili sta proprio nel fatto che spesso risultano non economicamente realizzabili. Ancorare parte della fattibilità di un progetto ad una tecnologia conosciuta, testata, economicamente sostenibile e resa meno impattante da un lavoro di svecchiamento, permette sicuramente di aumentare la percentuale di possibilità che quella determinata proposta veda la luce.

Alla luce di queste considerazioni, le componenti contenenti cemento del progetto sono state rivisitate in collaborazione con Italcementi.

Si è posto come obiettivo principale il calcolo di quante emissioni imputabili alla struttura in calcestruzzo si possano tagliare se la materia prima arrivasse da lavorazioni più innovative.

I vani di risalita, le strutture a piano terra e le fondazioni sono state riprogettate secondo questo criterio. Ogni resistenza caratteristica del calcestruzzo è stata accoppiata al suo contributo emissivo per capire se e come, al variare della sezione, possa variare anche la CO2 prodotta. Le idee progettuali sono state suddivise in scenari differenti, da cui, poi, si sono estrapolati dati utili all’ottimizzazione della modalità migliore. Anche in questo caso, la scelta finale è stata indirizzata su un’opzione ibrida: non si è optato per una resistenza caratteristica massimale, perché, sebbene si riducesse di molto il quantitativo di CO2 emessa, i costi di costruzione sarebbe aumentati rendendo l’operazione non economicamente fattibile. Il progetto è stato ripensato con delle strutture che rispettino i valori di resistenza caratteristica ed integrino le tecnologie di riduzione delle emissioni relative alla produzione del cemento Portland, la materia usata come legante nell’impasto del calcestruzzo, proposte da Italcementi. L’implementazione della gamma ECO Low Carbon all’interno delle strutture sopra descritte ha permesso un abbattimento di circa il 65.4% di CO2 a fronte di un aumento dei costi di circa il 2%.